Cura di sé: il dialogo con il corpo

Ti scrivo questa lettera perché è giunto il momento di chiarire un paio di cosette. Siamo insieme da… beh, da sempre. E onestamente, non so come tu abbia fatto a non mollarmi prima.

Hai resistito a diete assurde, nottate insonni, litri di alcol, tonnellate di ansia e maratone Netflix di 12 ore con pause solo per biscotti. Eppure eccoti qui, con le ginocchia che scricchiolano come porte antiche e la pancia che ha assunto una personalità propria. Una specie di coinquilina simpatica ma invadente. La chiameremo Carla.

So che ultimamente ti ho trascurato. Ti ho lasciato in balia del caos ormonale, delle voglie di cioccolato e della filosofia del “tanto a cosa serve?”. Ti chiedo scusa per ogni volta che ti ho guardato con disprezzo nello specchio. Per ogni “faccio schifo” detto sotto voce. Tu cercavi solo di proteggermi, e io invece ti trattavo come un nemico.

Ma ora basta guerra. Voglio la tregua.

Non prometto miracoli. Non ti illudere: non diventerai una statua greca entro il weekend, e la palestra continua a sembrarmi un luogo mitologico. Però possiamo cominciare con piccoli gesti. Tipo bere acqua. O dormire 7 ore di fila. O smettere di insultarti ogni volta che ci proviamo un jeans.

Ti voglio bene, anche se non sempre te lo dimostro. Sei l’unico posto in cui dovrò abitare per tutta la vita. E guarda… non sei poi così male. Hai sopravvissuto a tutto. Hai delle cicatrici, sì, ma sono le pagine del nostro diario. E magari, con un po’ di pazienza, riusciremo a scrivere anche un nuovo capitolo.

Con affetto (e un filo di cellulite),
Io

Cara “mente brillante” (o così ti credi),

grazie per la tua lettera. Emozionante, davvero. Ho pianto… sudore, perché sto ancora smaltendo quel mix di biscotti e barrette proteiche che mi hai rifilato ieri alle 3 del pomeriggio — dopo avermi fatto stare sdraiato sul divano a guardare 17 reel di gente che si allena, mentre tu dicevi “che palle, domani inizio”.

Parliamoci chiaro: sono con te da sempre, sì, ma non sono mica un cyborg. Ho dei limiti. Non posso fare miracoli se tu continui a trattarmi come il sacco da boxe dei tuoi crolli emotivi. Ti ricordi quella fase detox a base di sedano e rabbia repressa? O i 147 tentativi di “stile di vita sano” finiti con una pizza intera e un “vabbè ormai”? Ti sei mai chiesta come ci si sente a essere me?

Hai ragione su una cosa: non sono perfetto. Ho preso qualche chilo, è vero. Ma chi credi abbia gestito lo stress mentre tu eri in modalità “crollo esistenziale”? Io. Chi ti ha tenuta in piedi quando volevi sparire? Io. Chi continua a respirare, pompare sangue e digerire la tua disperazione esistenziale ogni singolo giorno? Io.

E sai cosa? Nonostante tutto, ti voglio ancora bene. Ma ora basta. Voglio rispetto. Niente di esagerato: una camminata ogni tanto, acqua che non sia sotto forma di tè freddo zuccherato, e magari un po’ meno odio gratuito allo specchio. Se mi tratti meglio, potrei persino ricambiare con un po’ più di energia. Magari potresti persino riscoprire com’è bello sentirsi leggera, viva, presente.

Per ora, continuo a fare il mio. Ma la prossima volta che mi chiedi perché ti senti stanca mentre sbrani biscotti davanti a un tutorial di yoga che non farai mai… ricordati questa lettera.

Con (sofferto) affetto,
Il tuo Corpo (Carla inclusa)