Il disturbo borderline di personalità

Ah, che bello convivere con questo disturbo! Una vera gioia!

Emozioni super intense, cambiamenti d’umore repentini e la voglia continua di fare qualcosa d’impulsivo. Una vera gioia dei sensi! Il mio cervello funziona come vuole lui. Non è che mi chiede: “Ehi, Giulia, oggi ti va di essere stabile?” No. Lui mi spara pensieri uno dopo l’altro come se stesse giocando a flipper.

Tipo: “Ma sì, già il mio stipendio è basso, compriamo qualcos’altro di completamente inutile!”
Oppure: “Oh guarda quel bus! Perché non provo ad attraversare proprio mentre sta passando?”
E ancora: “Ma perché non scappo da lavoro senza dire niente a nessuno e vado a farmi un giro in centro?”

E tu sei lì, a metà tra l’ansia, il senso di colpa e un vago entusiasmo, come se ogni idea folle fosse anche un po’ una via di fuga.

Essere borderline è come stare sulle montagne russe, ma senza le cinture di sicurezza. Ti svegli sentendoti invincibile e alle 11:15 vuoi sparire dalla faccia della Terra. A mezzogiorno ami qualcuno alla follia, alle 12:07 lo odi con tutta te stessa.

E poi c’è il vuoto. Quello vero. Quella sensazione di non sapere chi sei davvero, di non avere un’identità chiara, di cambiare forma in base a chi ti sta intorno. A volte mi sento un camaleonte emotivo: cerco solo di adattarmi, di piacere, di non essere abbandonata. Perché sì, il terrore dell’abbandono è una costante, una compagnia fissa.

Eppure — e qui ci metto un po’ di serietà — convivere con il disturbo borderline non è solo un’esplosione di caos. È anche una forma di sensibilità profonda. È sentirsi tutto addosso, tutto insieme. È empatia a livelli estremi, è vivere ogni cosa senza filtri, nel bene e nel male.

Non è facile. A volte è un inferno. Ma parlarne, riderci sopra anche solo un po’, è già un modo per togliere potere al mostro. Perché se riesco a raccontarlo, forse riesco anche a gestirlo. Un giorno alla volta, un pensiero alla volta.

E magari, ogni tanto, anche con un sorriso amaro ma vero.