Oggi mi sento come un funambulo di serie B, che cammina su una corda tesa, ma non quella da circo con le luci sfavillanti e il pubblico che applaude. No, la mia corda è quella che oscilla selvaggiamente sopra un abisso di scelte sbagliate e decisoni fatali. Ma la cosa divertente è che la corda non è nemmeno ben tesa, perché io, ovviamente, sono l’unica che non ha pensato di fare una prova prima di partire. E invece di una bella vista, ci sono piastrelle rotte, qualche crepa nell’asfalto e una sensazione costante di vertigine che mi fa pensare: “Ehi, forse oggi non è il giorno migliore per essere un funambulo. Che ne diresti di tornare al divano e guardare Netflix?”
Camminare su questo ponte di incertezze è diventato il mio sport preferito. Ogni passo che faccio, mi chiedo: “E se mi scivolano i piedi? E se questa è una lunga puntata di ‘Cosa può andare storto?’?” Perché, ammettiamolo, la mia vita non è mai stata davvero una serie di successi continui, è più una maratona di disastri con piccole pause in cui mi siedo a piangere sul mio caffè rovesciato. E, naturalmente, c’è sempre quel momento in cui ti rendi conto che non puoi più tornare indietro, e allora pensi, “E vabbè, vediamo cosa succede se continuo a camminare.”
Le piastrelle rotte sono il mio campo di battaglia quotidiano. Ogni mattina mi sveglio e faccio il mio solito salto nel vuoto: una serie di decisioni incerte, una montagna di scelte che, indovina un po’, vanno tutte in direzioni sbagliate. Ma sono un funambulo, e il mio lavoro è camminare sul filo della vita senza cadere (o almeno non troppe volte). È un po’ come quando ti ritrovi a fare la spesa con una lista di cose da comprare, ma finisci sempre per tornare a casa con una scatola di biscotti e una bottiglia di vino. Nessun vero senso di realizzazione, solo il rischio di fare il passo giusto, o forse no.
Ecco, la vera bellezza di questa vita in bilico è proprio la sensazione che stabilità sia una parola che esiste solo nei libri di autoaiuto, o forse nei sogni di chi vive in una casa perfetta con i figli che mangiano broccoli senza fare storie. Ma stabilità, nella mia vita, è una parola pericolosa. È come quando credi che la tua giornata stia andando bene, e poi, bam, arriva una telefonata, un messaggio o semplicemente un oggetto che cade misteriosamente dal tavolo e ti fa dire: “Ecco, mi serviva proprio questo dettaglio per arricchire la mia esperienza esistenziale.”
Così, passo dopo passo, mentre cerco di non cadere nel vuoto (o meglio, di non cadere in uno stato di panico totale), mi rendo conto che il mio equilibrio non è poi così solido. Anzi, è più una danza maldestra tra l’incertezza e la grazia divina, che, sappiatelo, non arriva mai quando vuoi tu. La grazia divina, come il Wi-Fi, si materializza solo quando meno te lo aspetti: magari mentre stai cercando di rispondere a un’email importante con le mani sudate e la testa che ti sta esplodendo.
E il bello di tutto questo? In fondo, lo so che, se cado, sarò capace di rimanere lì a guardarmi dal basso e pensare: “Wow, quella corda era davvero poco stabile. A chi l’avevo affidata questa roba?” Ma in realtà, è proprio in quei momenti di caduta che scopro il mio vero talento: quello di rialzarmi, ridendo, e di cercare un altro ponte da attraversare.
Perché, a pensarci bene, la vita è quella corda tesa. E a volte ti scivolano i piedi, a volte non hai proprio idea di come hai fatto a non cadere, ma ogni tanto c’è anche quel momento di equilibrio perfetto, quando tutto sembra funzionare e ti senti un po’ più sicuro del solito. Certo, quel momento dura circa tre secondi, e poi la vita ti lancia un’altra piastrella rotta, ma almeno puoi dire di averci provato.
Ecco, in fondo, vivere in bilico è una delle mie attività preferite. Non mi annoio mai, è sempre una sorpresa. Chi vuole la stabilità quando puoi avere l’adrenalina della caduta costante? Che poi, alla fine, il mio equilibrio lo trovo sempre. Anche se il ponte crolla, e le piastrelle volano, e io mi ritrovo a pensare: “Spero solo che il prossimo passo non faccia casino con il Wi-Fi.”
CANZONE
_BILICO_
Please, se cadrò prendimi
Sono se-sempre in bilico (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Sì, se mi vuoi ancora qui
Tu prendimi se cadrò (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Io mi fidavo di te solo (oh, oh, oh, oh)
Litigavo per chi sono (oh, oh, oh, oh)
Gli giravo in faccia a chi mi dava l’aria di sfottere, fuck a loro (oh, oh, oh, oh)
Prima non stavo mai in coro (oh, oh, oh, oh)
Mi facevo mille castelli da solo, se rinchiudo me, non ragiono (oh, oh, oh, oh)
Rimanderei tutto come se fosse un gioco, ma non lo è, fra’
Lei vuole farmi andare in tilt tutta la testa (in tilt tutta la testa)
Lei vuole, ma mica è detto che ci riesca (mica è detto che ci riesca)
Vuole me perché son ciò che le resta
Pensa che cosa fa se per un poco sta senza
Io la voglio, ma non sto capendo se mi bluffa
Oppure questa bestia me lo fa pensare
Please, se cadrò prendimi
Sono se-sempre in bilico (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Sì, se mi vuoi ancora qui
Tu prendimi se cadrò (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Please, se cadrò prendimi
Sono se-sempre in bilico (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Sì, se mi vuoi ancora qui
Tu prendimi se cadrò (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
È un no-stop, ho vertigini, se guardi sotto, non respiri
È dove sperano che finisca i miei nemici, uoh-oh
Perdo troppo tempo in giri di parole, stenti a capirmi
Io non so come potrai sentirmi se non ho voce, ma ogni
Ogni day, ogni day, ogni day ho un’idea
Non come te che copi, copi
Popi-popi, homie come te so’ ‘na marea
Già ce ne so’ una marea
Come cazzo fai ad essere così? Boh
A me invece piace crear
Come cazzo fai ad essere così? Boh
Please, se cadrò prendimi
Sono se-sempre in bilico (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Sì, se mi vuoi ancora qui
Tu prendimi se cadrò (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Please, se cadrò prendimi
Sono se-sempre in bilico (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)
Sì, se mi vuoi ancora qui
Tu prendimi se cadrò (oh, oh, oh, oh)
Oh-oh-oh (oh, oh, oh, oh)